VASTO . Il 7 aprile dello scorso anno nel carcere di Vasto morì suicida lo psichiatra pescarese Sabatino Trotta. Il dramma si verificò nello stesso giorno del suo arresto, eseguito nell’ambito dell’inchiesta per corruzione in relazione a un appalto milionario della Asl dove il medico era dirigente.
Per la procura di Vasto, quel decesso poteva essere evitato: sarebbe stato, infatti, la conseguenza di una serie di errori, anche macroscopici, dovuti al mancato rispetto del protocollo previsto per chi fa il suo ingresso in carcere, e soprattutto per chi non è mai stato detenuto. Per 3 ore, dalle 20.35 alle 23.30 (il corpo di Trotta sarebbe stato ritrovato alle 23.35), nessuno si sarebbe affacciato neppure allo spioncino della cella. Altrimenti, come ha scritto il pm Michele Pecoraro nell’ambito dell’inchiesta che vede due indagati per omicidio colposo, si sarebbe accorto delle manovre che Trotta fece con il laccio dei pantaloni della tuta, che nessuno gli aveva tolto. Forse il fatto che fosse un personaggio noto per la sua attività professionale, ha fatto tralasciare il rigido protocollo.